A cura di: Studio Spinapolice & Partners
Nell’ultima campagna elettorale abbiamo assistito a una serie di promesse che hanno accesso il bufalometro, nuovo sistema di misurazione attivato per chi la sparava più grossa. Una proposta (seria) proveniva da un paio di donne (a scanso di equivoci) candidate, in barba ai luoghi comuni e abbracciando i nuovi costumi.
Sul banco degli imputati la Legge Merlin e i suoi benefici nel caso di una sua (auspicabile) abolizione, il gettito fiscale delle signorine finalmente inquadrate dall’Agenzia delle Entrate, una tutela sanitaria a fornitore e cliente, colpo di spugna a papponi, protettori e feccia assortita che si impone su questo mercato sommerso con inaudita violenza.
Tutto parte da una sentenza della Corte d’Appello di Bari sul tema di prostituzione. E finalmente diventa libera la volontà della donna (ma anche dell’uomo, anzichenò, estendendola ai cosiddetti gigolò) di porsi sul mercato del sesso. Lo ha stabilito la Consulta. E già. La Corte costituzionale a sessant’anni dall’approvazione della legge Merlin ha l’occasione storica di esprimersi sull’incostituzionalità di alcune norme in essa contenuta. Ma cosa è accaduto perché da un processo qualsiasi di sfruttamento della prostituzione si passasse a incensare il mestiere più antico del mondo additandolo come lo svolgimento di una libera professione, al pari di quella di un avvocato o di un cronista qualificati? I giudici della Corte d’Appello (di Bari) hanno in modo a dir poco illuminante sottolineato che la legge Merlin è stata concepita “in un’epoca storica in cui il fenomeno sociale della prostituzione professionale delle escort non era di certo conosciuto e neppure concepibile”.
D’accordo o meno rispetto a questa dichiarazione (le ‘intrattenitrici’ c’erano eccome, magari non c’era il web e la sua virale diffusione promozionale nei siti specializzati), finalmente si guarda al principio della libertà di autodeterminazione sessuale, quindi sul diritto della donna (e dell’uomo) “a disporre della sessualità in termini contrattualistici dell’erogazione della prestazione sessuale contro pagamento di denaro o di altra compatibile utilità”. Evviva, chissà che per una volta i giudici lo siano per la libertà. E non per l’ipocrisia che caratterizza una legge superata. Animo, dunque, cari parlamentari, avete un tema serio su cui dibattere!
Francesco Giavazzi, docente di economia alla Bocconi, e il giornalista di Repubblica Giorgio Barbieri, nel loro libro “I signori del tempo perso” edito da Longanesi, lanciano il loro j’accuse contro i primi responsabili del mancato sviluppo del Paese, cioè i burocrati.
Inutile prendersela con i politici, senza risolvere questo problema. In questo senso, se non criminali, vi sono sicuramente aspetti criminogeni nella presenza di questi signori e del sistema da essi costituito in Italia. E’ sufficiente leggere le cronache. Ad esempio, per parlare di una situazione di estrema emergenza, sui danni che la burocrazia ha procurato e, continua a farlo, fermando l’aiuto in forma di doni che singoli cittadini e imprese hanno invano fornito ai terremotati di Amatrice e dell’intera zona sconvolta dai terremoti di questi ultimi mesi. Ecco la burocrazia trincerarsi, infatti, dietro la esibizione della pletora di leggi, norme, regole, spesso contradditorie, oltre che inutili e nate a caso, com’è tipico in Italia, in seguito a episodi, false e poco meditate urgenze o sull’onda emotiva della pubblica opinione, a cui il legislatore spesso soggiace senza valutare i danni tecnici, umani e sociali del loro agire. Leggi, norme e regole alle quali i burocrati, nell’iter dei vari e infiniti passaggi si aggrappano, ciascuno frenando per la sua parte e rimandando al superiore per scansare da sé ogni rischio di responsabilità fino al fermo definitivo, magari rinviando ad altre competenze, per cui tutto si blocca, a meno che la mazzetta di turno o la connivenza con altri attori interessati a trarne profitto dalla situazione non ne decreti il destino, che può essere, come spesso è, l’insabbiamento definitivo.
Sono meccanismi sottili, sordi e sordidi, dal forte sapore kafkiano, che in Italia hanno trovato un terreno fecondo dove allignare e prosperare, diramandosi ovunque, trovando collusione poi con una giustizia a sua volta lenta e burocratizzata, andando così a colpire ogni aspetto della vita civile, sociale e soprattutto economica. Il che spiega, prima di qualsiasi altra causa, il freno posto alla crescita negli ultimi trent’anni in Italia, con il parallelo diffondersi della corruzione (la mazzetta, unico metodo per ovviare i vari passaggi, più timbri e firme più corruzione).
Giavazzi e Barbieri li spiegano molto bene nel loro libro, sottolineando anche come la politica, quando ci ha provato – negli anni 90 con Prodi al governo e la riforma Bassanini, e ultimamente con Matteo Renzi con la riforma Madia – sia stata sempre sconfitta dagli stessi burocrati che, pur di difendere il loro feudi di interessi, potere, privilegi, premi a pioggia e, spesso, opportunità di arrotondamenti illegali, non esitano a ricorrere ai mezzi più spudorati. “La tragedia” scrivono Giavazzi e Barbieri “è che tutto si svolge secondo regole che sembrano costruite col solo scopo di complicare e ritardare le procedure. Non a caso, ovviamente. Un motivo per tutti questi passaggi burocratici esiste e ha una sua razionalità: fare in modo che la forma, che lascia il potere di decidere nelle mani dei funzionari, prevalga sulla sostanza (anche perché il politico di turno non ha la competenza per decidere, dovendo per questo affidarsi a tali persone). In questo modo ottengono due risultati. Innanzitutto si evita che i funzionari si assumano alcuna responsabilità: firmano solo dopo che tutto è stato vidimato da altri. Inoltre occupano le loro giornate: se tutti questi passaggi non esistessero molti burocrati non avrebbero nulla da fare e quindi motivo di esistere" (dal che si deduce quanto la forte riduzione dei burocrati, se resta impossibile la loro scomparsa, farebbe risparmiare lo Stato e, quindi, i contribuenti: un autentico shock fiscale!).
Nel libro, ricco di esempi, viene portata la testimonianza dell’ex commissario alla spending review Cottarelli, al quale addirittura si nascondevano i documenti che richiedeva, qualora si rischiasse di minare il loro status di privilegiati. Si racconta anche quando il 16 ottobre 2015, di fronte a certe misure di contenimento dei costi proposte nella Legge di Bilancio dal governo Renzi (“dalla riduzione dei fondi per pagare i premi legati al risultato, cioè la parte variabile dello stipendio dei dirigenti pubblici, al taglio degli organici dei dirigenti del ministero” e così via) i burocrati – primo esempio nella storia - abbandonarono il tavolo della discussione. Ricatti e pretese che, basandosi su denaro pagato dai contribuenti, hanno forti sospetti di ladrocinio, facendo il paio con le 25 sigle sindacali che “tutelano” i dipendenti del Parlamento.
Ciò che più annichilisce è il fatto che i cittadini - anche perché molti, troppi di questi sono dipendenti pubblici - non hanno coscienza del peso che questa casta, compresa quella dei giudici costituzionali e di Stato, ha nei bilanci della Repubblica, mentre tutti preferiscono prendersela con i politici i quali, se hanno una qualche responsabilità, è tale solo nella misura in cui è connivente con essa e l’apparato elefantiaco e inefficiente che questa ha costruito, accettandone passivamente i diktat, invece di combatterla. Se non altro nella prospettiva degli enormi benefici che, oltre alle casse dello Stato, ne trarrebbe la vita economica, civile e sociale, indubbiamente più libera, del nostro Paese.
A cura di: Studio Spinapolice & Partners
Giustizialismo da un lato, garantismo dall’altro, termini sempre più abusati e strumentalizzati che certamente non aiutano a comprendere, anzi spesso confondono, la situazione della Giustizia in Italia.
Comunque la si pensi politicamente, è fuor di dubbio che il buon funzionamento del sistema giudiziario incide fortemente sullo sviluppo e la stabilità di un Paese.
Un’analisi molto interessante in questo senso è dell’Avvocato Fabio Ghiberti che, per conto dell’associazione politica La Marianna, ha coordinato il lavoro di numerosi operatori del diritto in tema di giustizia penale, civile e amministrativa, dalla quale si evince che le condizioni drammatiche del sistema giudiziario, amministrativo e burocratico in Italia hanno causato e continuano a causare la perdita di centinaia di miliardi annui di potenziali investimenti.
L’incertezza delle regole, i tempi di esame e rilascio dei permessi per l’avvio di grandi opere, che hanno un potenziale inestimabile in termini di ricaduta economica e di occupazione, allontanano e disincentivano gli investimenti . Perché non prevedere, allora, pesanti sanzioni, anche penali, per i burocrati che non rispettino i termini temporali tassativi per le autorizzazioni amministrative?
La durata media dei processi ordinari in primo grado supera i 1.000 giorni e ci vede al 157esimo posto su 183 Paesi nelle graduatorie della Banca Mondiale, sosteneva Mario Draghi già nel 2011. Ne deriva un’incertezza che incide pesantemente sulla possibilità di ripresa economica. Secondo l’analisi dell’Avvocato Ghiberti, la perdita annua di prodotto attribuibile ai difetti della nostra giustizia civile potrebbe giungere a un punto percentuale.
Pietro Ichino sostiene che, dopo la Grecia, l’Italia è il Paese europeo meno capace di attrarre investimenti stranieri, ricorda Ghiberti. Secondo il Comitato Investitori Esteri di Confindustria, se il nostro Paese riuscisse ad allinearsi agli standard europei, potrebbero aumentare gli investimenti in entrata per circa 30-35 miliardi l’anno..
Quanto, poi, alla Giustizia Penale la situazione è almeno altrettanto sconfortante: tempi dei processi lunghi oltre ogni comprensibile limite; eccesso di detenuti in attesa di giudizio; violazioni continue dei diritti fondamentali dell’individuo. Si può ancora definire uno Stato di Diritto quello in cui regnano, di fatto, ingiustizia, ineguaglianza davanti alla Legge, abuso e arbitrio del sistema nei confronti dei suoi Cittadini?
Da semplici osservatori quali siamo, ci permettiamo soltanto di auspicare che gli scottanti temi appena accennati siano presto al centro dell’attenzione della Politica, fuori da polemiche sterili quanto dannose e fuorvianti su giustizialismo e garantismo, prima che il declino intrapreso dal nostro Paese divenga irreversibile.
A cura di: Studio Spinapolice & Partners
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