Unicredit: 100 mln di minibond per le PMI

Unicredit ha superato i 100 milioni di euro sottoscritti in minibond a supporto dell’economia reale italiana e delle sue piccole e medie imprese. Si tratta di prestiti obbligazionari di piccolo taglio (generalmente 2-25 mln), che possono essere o meno quotati, e che hanno la caratteristica di essere sottoscritti da UniCredit stessa.

Il traguardo superato dei 100 mln arriva dopo le recenti emissioni da 10 milioni di euro da parte dell’azienda Nicolaus Tour, azienda di Ostuni (Brindisi) che ha recentemente acquisito il marchio Valtur, e della RM Multimedia, specializzata nella distribuzione di hi-tech. L’importo del bond di quest’ultima è stato di 2,5 milioni di euro.

“Il processo di emissione dei minibond rappresenta una vera e propria palestra per il mercato dei capitali, in quanto consente alle imprese clienti della banca di familiarizzare con le dinamiche e regolamentazioni dei Capital Markets, come la certificazione dei bilanci, la definizione di business plan con orizzonte temporale di almeno 3-5 anni, il rispetto di parametri minimi di capitale, l’adeguamento della documentazione societaria idonea all’emissione dei bond”, spiega Unicredit.
Gli oltre 100 milioni di euro in minibond sottoscritti in poco più di un anno, a partire da agosto 2017 sono il frutto di 15 emissioni da parte di altrettante aziende operanti su tutto il territorio italiano. Tra queste, oltre Nicolaus Tour, ci sono Radio Dimensione Suono, Bv Tech, U-Invest, Officine Metallurgiche Cornaglia e Tratos Cavi. - Milano, 28 nov. (AdnKronos) –

UniCredit, leader di mercato nel Capital Markets, pertanto, anche per le piccole e medie imprese grazie ai minibond.

Ma cosa sono questi minibond? Una definizione normativa di minibond non esiste, ciò che UniCredit propone alle PMI italiane sono sostanzialmente prestiti obbligazionari di piccolo taglio (generalmente 2-25 milioni di Euro), che possono essere o meno quotati, e che hanno la caratteristica di essere sottoscritti da UniCredit stessa.

Questo è sicuramente un importante supporto  alll’economia reale, quella che costituisce di fatto l’ossatura del nostro sistema economico. I piani di sviluppo e di crescita delle piccole e medie imprese hanno, infatti, più difficile accesso al mercato per la propria capitalizzazione.

L’ emissione dei minibond, inoltre,   consente alle imprese clienti della banca di prendere dimestichezza con le dinamiche e regolamentazioni dei Capital Markets, come la certificazione dei bilanci, la definizione di business plan con orizzonte temporale di almeno 3-5 anni, il rispetto di parametri minimi di capitale, l’adeguamento della documentazione societaria idonea all’emissione dei bond.

“In Italia il mercato obbligazionario delle aziende è più che raddoppiato negli ultimi 10 anni, anche grazie allo sviluppo dei private placement, dei minibond e all’introduzioni dei PIR. Esiste tuttavia un potenziale ancora inespresso, se rapportiamo i dati del nostro Paese a realtà come la Francia, il Regno Unito o gli Stati Uniti. – ha ricordato Giovanni Ronca, Co-Head Italy di UniCredit –. I minibond di UniCredit assecondano questa tendenza di maggior interesse per fonti di approvvigionamento complementari al credito bancario, consentendo ai nostri clienti di differenziare le proprie fonti di finanziamento, usufruendo dei benefici una volta riservati solamente alle società quotate e permettendo loro di ottenere una maggiore stabilità del credito nel medio-lungo periodo, evitando di saturare i fidi in essere.”

 

Carige, tra tonfi e rialzi.

Dopo la sospensione di lunedì e il tonfo al – 48%,ritornano gli scambi del titolo Banca Carige, che scatta in apertura al 21%, con un rialzo teorico del 10,53%.

Dopo l’annuncio dei dati trimestrali e della manovra di rafforzamento patrimoniale da 400 milioni, il titolo dell’istituto ligure ha registrato rimbalzi significativi. Non ha potuto, però, entrare in contrattazione per il divieto di Consob, in linea con quanto previsto all’art. 23 del regolamento comunitario in materia di “Short Selling”.

“La complessiva operazione di ripatrimonializzazione consente al management della banca di sviluppare idonee strategie industriali, inclusa la valutazione di possibili aggregazioni”, hanno spiegato i vertici Carige.

Ricordiamo che la banca ha bruciato 2,2 milioni di euro in 5 annie il piano industriale cui sta lavorando l’AD di Carige Fabio Innocenzidovrà riuscire a convincere gli investitori a puntare ancora sul titolo, magari rafforzando il tutto con una possibile fusione. Fusione che non sarà facile, stante gli attuali Npl,adesso sopra il 25% degli attivi.

L’istituto “è in sicurezza”, ribadisce il Presidente Modiano, anche perché, se l’aumento dovesse andare deserto, il Fitdconvertirà il bond in azioni entro il limite del 49,9% dell’intero capitale.

AncheGiovanni Toti, il governatore della Regione Liguria, si dice fiducioso e afferma che “Carige ce la può fare e ce la farà”

Intanto, si attende per domani un nuovo CdA che dovrà convocare l’assemblea dei soci, prevista il 21 dicembre prossimo.

 

Carige, basta con le dispute.

Salita spesso agli onori delle cronache negli ultimi mesi per i rapporti burrascosi tra soci e governance, che hanno visto alternarsi rapidamente dimissioni, nomine, aumenti di capitale e inevitabili  andamenti altalenanti in borsa, CARIGE sembra finalmente aver trovato un punto d’equilibrio in grado di far sperare nella continuità che il mercato si aspetta.

Finalmente, infatti, a fine settembre i soci hanno approvato il cambio di direzione, votando per il nuovo board, a netto marchio ex Unicredit.

Pietro Modiano, milanese, 67 anni, una lunga carriera bancaria, due mandati di presidenza della SEA SpA ((la società aeroportuale milanese) è il nuovo Presidente di Banca Carige.

Al suo fianco, in sostituzione di Paolo Fiorentino, è stato nominato amministratore delegato Fabio Innocenzi, veronese, 57 anni, ex manager UBS, Banco Popolare e Unicredit, insieme a Modiano ai tempi di Alessandro Profumo.

Vice presidente del C.d.A., in rappresentanza dell’azionista di maggioranza Malacalza, è stata nominata Lucrezia Reichlin, romana, 64 anni, economista, per anni consigliere non esecutivo di Unicredit Group.

Un primo tenue segnale positivo dalla Borsa si è avuto subito dopo le nuove nomine, col rialzo del 2,38%. Nuovi rialzi anche nei giorni scorsi.

Ma il lavoro è tutto da fare e non sarà facile. Del resto, il tono delle prime parole di Modiano “Ora non possiamo fallire” è chiaro: la banca è in grande difficoltà, in un contesto generale complesso, con lo spread in salita e i mercati incerti per le decisioni del governo.

Eventuali errori  potrebbero rendere sistemici i problemi della banca più antica d’Italia, con conseguenze gravissime per tutto il sistema creditizio del Paese.

Primo impegno nei confronti della Bce è un nuovo piano conservativo del patrimonio unito ad un aumento di capitale entro l’anno.

Si era parlato di possibili fusioni, ma, secondo Malacalza, in caso di fusione sbagliata, sarebbe fallimento.

Quasi certe alcune cessioni e l’emissione di un bond subordinato. necessarie ovviamente anche nuove strategie  e riduzione delle spese.

Molti rischi, dunque, e, in attesa delle prossime novità, concludiamo citando lo stesso Innocenzi che, in occasione della presentazione del suo libro memoir “Sabbie Mobili. Esiste un banchiere perbene?”, edito due anni fa da Codice Edizioni, si pose anche un’altra domanda: “Chi è il banchiere giusto? Non è chi evita i rischi, ma chi li gestisce. Pure sbagliando.”

 

 

 

Banca Popolare di Bari: ulteriori rinvii.

Ancora un rinvio, l’ennesimo, per deliberare il passaggio da società cooperativa a S.p.A.: l’assemblea  degli azionisti di Banca Popolare di Bari prevista per il prossimo 16 dicembre non si terrà. Questa volta lo spunto per prendere tempo lo offre il Consiglio di Stato, con la sua sostanziale non decisione del 18 ottobre scorso, diffusa con l’ordinanza del 26 ottobre.

I giudici di Palazzo Spada hanno, infatti,  deciso di rinviare l’annosa questione della trasformazione in SpA delle  banche popolari (come previsto dal Dl n. 3/2015) alla Corte di Giustizia  Europea ponendo cinque quesiti sul contenuto dei quali pronunciarsi.

Eccoli nel dettaglio:

  • dell'imposizione di una soglia di attivo al di sopra della quale la banca popolare è obbligata a trasformarsi in Società per Azioni, in rapporto alla normativa europea in tema di aiuti di Stato;
  • della possibilità di differire o limitare, anche per un tempo indeterminato, il rimborso delle azioni del socio recedente, in relazione alla disciplina in tema di concorrenza nel mercato interno e di libera circolazione di capitali;
  • della disciplina sulle limitazioni al rimborso della quota del socio in caso di recesso, per evitare la possibile liquidazione della banca trasformata, in relazione alla regolamentazione degli aiuti di Stato;
  • della facoltà di rinviare il rimborso per un periodo illimitato e di limitarne in tutto o in parte l'importo;
  • dell'articolo 10 del Regolamento delegato Ue 241 del 2014 della commissione Ue, in relazione alla violazione del diritto di godere della proprietà dei beni di cui all'articolo 16 e dell'articolo 17 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea".

La questione in sospeso, a questo punto, non riguarda più solo la Popolare di Bari e la Popolare di Sondrio, unici due istituti ancora non trasformatisi in Spa, ma anche le banche Popolari già convertitesi in SpA e l’intero processo della discussa riforma, di cui il Consiglio di Stato ha confermato la sospensiva.

Fermo restando che i due istituti sarebbero comunque liberi di decidere se trasformarsi in Spa oppure no, si profila sempre più impellente la necessità di tutela degli azionisti, che, nel caso pugliese,  hanno visto precipitare i loro titoli da 9,53 euro di inizio 2016 agli attuali 2,38 euro, con una perdita del 75% in neanche 3 anni. A questo proposito, il Comitato per la tutela degli azionisti della Banca Popolare di Bari ha presentato nei giorni scorsi una proposta di legge alla Camera di Commercio di Bari.

Altro dato allarmante il rendimento delle obbligazioni subordinate della Banca Popolare di bari che, dopo la seduta del 26 ottobre, sono scivolate a quota 60 con proposte d’acquisto praticamente inesistenti. Il rendimento netto annuo del 23,57% viene definito dall’ADUC  una “valutazione da default”.

 

Pac, fondi pensione, Pir: fare una scelta consapevole.

Investire è un’azione complessa, comporta opportunità ma anche rischi. Richiede una conoscenza base e aggiornamenti continui nonché l’interazione con consulenti e soggetti intermediari, che devono essere della massima affidabilità.

Esistono strumenti interessanti anche per coloro che non dispongono di un elevato capitale iniziale da investire, ma vogliono costruirlo nel tempo, accantonando una parte dei propri introiti.

A tale scopo, è fondamentale conoscere i vari prodotti e individuare i più adatti alla propria situazione. Vediamo i principali.

Il PAC (Piano di Accumulo) è un piano di investimento programmato mediante versamento periodico di un importo stabilito per un periodo di tempo predeterminato. La gestione degli strumenti finanziari, affidata agli OICR (Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio), si differenzia in base al numero di rate, al totale di rate previste e all’importo versato inizialmente. Normalmente il PAC può essere sospeso o revocato in qualsiasi momento. Poiché l’acquisto è effettuato a prescindere dalle condizioni di mercato sia favorevoli che sfavorevoli, il rischio è assai ridotto e lo sono anche ovviamente i rendimenti. Rappresenta, in sostanza, uno strumento di accantonamento progressivo del risparmio, a basso rischio e basso rendimento. In fase di scelta, comunque, è possibile scegliere la linea di  investimento ritenuta più adatta e un orizzonte temporale più ampio, così da poter ottimizzare rischi e rendimenti.  La tassazione è attualmente del 26% sulla plusvalenza ottenuta dai rendimenti finali. Il PAC è una soluzione di investimento sempre valida, ma soprattutto in questo momento di forte volatilità e incertezza dei mercati, permette al risparmiatore di applicare una strategia efficiente evitando il fattore emotività.

Il FONDO PENSIONE (che può essere aperto o chiuso), sebbene come modalità sia simile al PAC, in quanto si accantonano somme periodicamente e per un periodo di tempo prestabilito, ha una finalità ben precisa: creare una pensione complementare a quella prevista per legge. Proprio per questo, non si può attingere dal capitale investito prima di 8 anni dalla sottoscrizione ( solo in caso di spese mediche impreviste è possibile derogare a questa regola). Fiscalmente può essere portato in deduzione dal reddito imponibile fino al massimo di 5.164,00 euro. Al raggiungimento dell’età pensionabile, si può decidere per una rendita vitalizia e reversibile ai beneficiari designati o per una liquidazione parziale e rendita vitalizia del  residuo.

Il PIR (Piano Individuale di Risparmio) è lo strumento di investimento più recente. Pensato per sostenere le piccole e medie imprese italiane, è riservato a persone fisiche residenti in Italia e offre agevolazioni fiscali molto interessanti. Si tratta di un contenitore di prodotti finanziari ma, a differenza dai PAC e FONDO PENSIONE, dove sostanzialmente è l’investitore insieme al proprio consulente finanziario che decide le caratteristiche dei prodotti che comporranno il suo progetto di investimento, presenta caratteristiche ben precise.

  • investimento costituito da almeno il 70% (il restante 30% del portafoglio non ha vincoli) da strumenti finanziari (azioni, obbligazioni, ecc.) emessi o stipulati da imprese con sede legale in Italia o in Europa, ma con stabile organizzazione in Italia, di cui il 30% (corrispondente al 21% dell’investimento totale) in imprese non presenti nell’indice FTSE MIB, società quindi di piccole e medie dimensioni.
  • Massimo importo che si può investire ogni anno 30.000,00 euro per un massimo di 5 anni e un importo totale non superiore a 150.000,00 euro.
  • Per beneficiare delle agevolazioni fiscali (attualmente: nessuna tassazione sul reddito generato dall’investimento, nessuna imposta di successione) , l’investimento deve durare almeno 5 anni.

Il PIR, in un’ottica di medio-lungo termine, può essere un ottimo strumento per valorizzare il proprio investimento e contestualmente contribuire a sostenere le PMI italiane, sulle quali si basa fortemente l’economia italiana.

Poiché, come riporta il sito della CONSOB, “investire non è un gioco”, la conoscenza finanziaria di base e l’individuazione di un consulente fidato sono basilari per poter intraprendere un percorso di investimento sereno, scegliendo e costruendo il progetto più adatto alle nostre specifiche esigenze e alla nostra disponibilità finanziaria.

 

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