ANNO XII - &MAGAZINE - 

Miti greci e Eros

Miti greci e Eros

Due libri ci conducono verso i miti greci. Il primo è di un inglese, Stephen Fry, attore, regista, autore televisivo e sceneggiatore, scrittore, abituato pertanto a una platea ampia, soprattutto nel linguaggio, anche quando questo si fa scrittura.

Ha scritto “Mythos”, edito da Salani, ed è una rivisitazione dei miti greci, a cominciare dalla nascita del mondo, con quel pericolosissimo Crono, fratello e marito di Gea, che si mangiava i figli che lei partoriva (avendo saputo che uno di essi lo avrebbe ucciso per prendere il suo posto), finché lei non decise di nasconderne uno, l’ultimo, Giove, così come la sua gravidanza e la nascita del bambino che, per non tenere a casa, avrebbe dato da allattare alla prodigiosa capra Amaltea, sull’isola di Creta.

Il secondo libro è di tutta altra pasta, scritto da Matteo Nucci, del quale ben conosciamo la passione per l’antica Grecia della quale è studioso ma anche per lo stile raffinato ed elegante dello scrittore che ci ha dato due romanzi entrambi finalisti al Premio Strega e due saggi narrativi, una coniugazione dalla quale è nato  questo “L’abisso di Eros”, edito da Ponte alle Grazie, attraverso le cui pagine ci trasporta in una Grecia parallela a quella dei miti, cioè la Grecia dell’eros, della seduzione.

I due libri però, pur così diversi, si rivolgono entrambi, se non allo stesso pubblico, perché il primo ha un approccio più popolare e il secondo più letterario, a un pubblico solo diverso come preparazione e gusto per la lettura, uno per quella leggera e l’altro per quella più meditata e riflessiva, ma entrambi assimilati sicuramente nell’identica passione per la Grecia.

Stephen Fray ripercorre, con più scioltezza, le orme de “I miti greci” del suo conterraneo Robert Graves e non poco quelle de “I grandi miti greci” del nostro Luciano De Crescenzo, come quest’ultimo reinventando il linguaggio dei dialoghi in chiave molto attuale (ma c’è da dire che, tra i due, quello di De Crescenzo appare più divertente e fantasioso). Comunque, anche “Mythos” di Fry rappresenta un’ottima introduzione a un mondo, quello degli dei e delle creature che sono il frutto dei loro intrecci con gli altri dei quando non con la natura, sia essa quella umana, sia quella sovrannaturale, sapendo che quello è l’approccio poetico degli antichi ai misteri del creato e alle inevitabili debolezze dell’uomo. In questo senso Fry sa bene trasmetterne il senso, facendo del libro uno strumento di conoscenza che tornerà utile anche per un poco impegnativo ripasso di quanto studiato sui banchi del liceo.

Bisogna dire che anche il libro di Matteo Nucci si può prestare a questo scopo, anzi si presta senz’altro. Solo che lo fa da una prospettiva che è quella molto personale della riflessione dello studioso, che affonda nella materia per trarne lui poesia e trasmetterla, recuperandola da storie che hanno nell’eros e nella seduzione la loro chiave di volta della interpretazione del mondo, nutrendosi sia degli archetipi sia di quanto su quegli archetipi l’arte, la poesia, la musica nei secoli ha creato, per poi da qui distendersi nel racconto lungo un itinerario che conferma la forza immaginifica di quei miti nel tempo. Racconto al quale l’autore imprime la suggestiva orchestrazione della sua scrittura, nutrita di passione e conoscenza. Passione e conoscenza, come rivela lo scrittore al termine del libro, cominciata venticinque anni fa, ripresa nel 2017 per il Festival della Mente di Sarzana e approfondite nei suoi interventi al Festival della Disperazione di Andria.

 


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