ANNO XII - &MAGAZINE - 

Troppo grande per fallire e per essere salvata.

Troppo grande per fallire e per essere salvata.

Credit Suisse tra conti segreti, riciclaggi, fallimenti e legami con il crimine organizzato e spie.

La banca elvetica ha gestito in questi anni circa 1500 miliardi di franchi svizzeri, ma il suo bilancio, nel 2022, ha segnato - 7,3 miliardi. Ha circa 50mila dipendenti e un milione e mezzo di clienti

L’anello debole della finanza globale forse sta per crollare o forse no. Avrebbe bisogno di altri 5 miliardi di dollari per risollevarsi. Proviamo a capire cosa sta succedendo.

L’istituto, che nasce grazie a Alfred Escher-politico e pioniere della Svizzera moderna- nel 1856 , ha perso il 24% in Borsa. Alla base del crollo l’annuncio da parte della Saudi National Bank, partecipata per il 37% dal fondo sovrano saudita, che ha escluso un nuovo sostegno finanziario alla banca. La SNB è il maggior azionista del Credit Suisse e l’annuncio ha scatenato il panico su Zurigo. Gli arabi avevano acquistato, nel 2022, una partecipazione del 9,88% dell’istituto  al momento dell’aumento di capitale da 4 miliardi di franchi. Al suo fianco ci sono Qatar Holding con il 5,03% e Olayan Group, sempre saudita, al 4,93%. Insieme arrivano quasi al 20% del capitale. Con il 4% c’è la partecipazione della newyorkese Black Rock. Secondo l’amministratore delegato del fondo americano Larry Fink si paga oggi il prezzo di “decenni di denaro facile”. Robert Kiyosaki, l’investitore che aveva previsto il tracollo di Lehman Brothers nel 2008, ritiene che Credit Suisse sarà la prossima vittima. Nouriel Roubini afferma invece che la banca sia “troppo grande per fallire ma anche per essere salvata”.

Stando a quanto dichiara la Finma, l’autorità di supervisione dei mercati finanziari svizzera, “Credit Suisse soddisfa i più alti requisiti di capitale e liquidità applicabili alle banche importanti a livello di sistema”.  Sotto l’aspetto tecnico la dichiarazione rispetta la realtà ma dobbiamo, a onor di cronaca, segnalare che il titolo 15 anni fa valeva 80 euro oggi è a un decimo di quel valore. La Credit Suiss ha gestito in questi anni circa 1500 miliardi di franchi svizzeri ma il suo bilancio, nel 2022, ha segnato - 7,3 miliardi. Ha circa 50mila dipendenti e un milione e mezzo di clienti.

Possiamo dire che l’inizio della crisi si può far risalire a due anni fa con il crollo di Archegos Capital Management. Racket, frode sui titoli, truffa telematica e manipolazione dei mercati. Con queste accuse, a cui se ne sono aggiunte altre di carattere civile da parte della Sec, l’organo di controllo sulla Borsa americana per questi reati viene arrestato Bill Hwang, finanziere americano di origini coreane. Tra i principali finanziatori dell’hedge fund c’è la banca svizzera che perde, in quella che viene definita “una delle più spettacolari debacle di Wall Street, ben 5 miliardi e mezzo di franchi. Poi crolla Greensill, la società di servizi finanziari britannica fondata dall’australiano Lex Greensill. Credit aveva lanciato in relazione alla società quattro fondi, presentati come a basso rischio, nei quali la clientela ha investito circa 10 miliardi di dollari. La società fondata dall'imprenditore australiano fallisce nel 2021 e la banca svizzera è riuscita a recuperare solo 7,4 miliardi di dollari.   

Ma aldilà degli ultimi due anni ci sono storie e personaggi che hanno come protagonista la banca svizzera.

In Mozambico l’istituto presta un miliardo di dollari a due società statali che elargiscono mazzette. “Suisse secrets”, un’inchiesta realizzata dal pool investigativo di OCCRP- Organized Crimeand Corruption Report Project a cui hanno lavorato 163 reporter di 48 media partner, ha rivelato  i dati di 18 mila clienti. Tra questi figurano la famiglia di un capo dei servizi segreti egiziani che ha supervisionato la tortura di sospetti terroristi per conto della CIA; un italiano, Antonio Velardo, accusato di riciclare fondi criminali per il famigerato gruppo criminale della 'ndrangheta; un dirigente tedesco che ha corrotto funzionari nigeriani per ottenere contratti nel settore delle telecomunicazioni; e il re di Giordania Abdullah II, che possedeva un unico conto del valore di 230 milioni di franchi svizzeri (223 milioni di dollari).

Il 27 giugno 2022 il Tribunale Penale Federale di Bellinzona, nel Canton Ticino, ha emesso una sentenza che potrebbe passare alla storia: la Credit Suisse è stata riconosciuta colpevole di aver aiutato il narcotrafficante bulgaro Evelin Banev a ripulire i soldi guadagnati con il contrabbando di cocaina. È in assoluto la prima volta che un istituto bancario viene dichiarato colpevole di riciclaggio in Svizzera.  Dagli atti risulta che il 2004 e il 2008 i mafiosi bulgari, con a capo Banev, avevano aperto decine di conti cifrati nella banca svizzera.

Nel 1986 ha protetto con nomi falsi i depositi del dittatore Marcos e di sua moglie Imelda. Da 5 a 10 miliardi di dollari. Dieci anni dopo il Tribunale di Zurigo ha ordinato alla banca di restituire 500 milioni al governo di Manila. Nel 2000 le sanzioni per i rapporti con il dittatore nigeriano Sani Abacha. Nel 2004, il Credit ha riciclato 5 miliardi di yen per la Yakuza la mafia giapponese. Risale al 2009 una multa da 536 milioni di dollari per aver aiutato varie società ad aggirare le sanzioni contro Sudan e Iran. Nel 2011 un’altra multa per aver aiutato ad evadere oltre un miliardo di euro decine di contribuenti tedeschi.

Insomma una storia fatta di un “ segreto bancario” che pare sia formalmente archiviato ma che non lo è ed è la storia di un’investigazione che ha svelato come la banca Credit Suisse abbia “lavato i guadagni illeciti di criminali e corrotti in tutto il mondo. Il punto è che  i pubblici ministeri svizzeri hanno avviato un'indagine, ma non sulla banca che adesso è sull’orlo del fallimento.

Fonte: Rai News - Link

 


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